FUNAMBOLI


La vita è mutamento, il mutamento è movimento, il movimento sposta continuamente il punto di equilibrio.
L’equilibrio è la corda del funambolo dove, noi umani passeggiamo, cercando di non cadere nella follia.

Siamo tutti funamboli che attraversano questa vita con la paura di cadere e la voglia di spiccare il volo.

BICI


«Hai voluto la bicicletta? E allora pedala!»

A voi l’hanno mai detta questa frase? A me no, in compenso me la sono detta da sola un sacco di volte (ah, io e il mio censore interiore, ma questa è un’altra storia).

Poi ho smesso. Sono scesa dalla bicicletta e ho iniziato a camminare.

Ho scoperto la lentezza, lo sguardo, la potenza del no, il sorriso dell’accoglimento, lo scoprirsi, il piacere di un cammino e anche la certezza che qualche pezzo di strada lo devi far ancora pedalando. Ma lo scopo non è pedalare.

C’ERA UNA VOLTA


C’è stato un tempo un cui ero una “bella persona”.
Poi non so cosa sia successo ed rimasta solo “persona”, e son ancora fortuna, a qualcuno negli anni, oltre il “bella” sparisce anche la “persona”. Non che muoia sia ben chiaro, solo che si trasformano in zombie. Zombie emotivi, involucri vuoti pieni del nulla.
A volte penso che vivano meglio loro e a volte ringrazio il Dio che ride o chi per lui, di non esserlo.

C’è stato un tempo, neppure tanto lontano, in cui delle persone vedevo solo il lato bello.
Le conoscevo e sorridevo di tanta bellezza in ognuno di loro, il lato brutto, niente ma proprio niente non riuscivo a scorgerlo. A nulla valevano le parole di chi amavo nel mettermi in guardia, a dirmi stai attenta “Tu non vedi le brutture e doppi fini della gente, ti fidi troppo”. L’ironia, vista da oggi, e che mi fidavo anche di loro.
Poi non so cosa sia successo, o forse sì, so che ora lo sguardo “Sei un dono di dio” raramente vede la luce.

C’è stato un tempo in cui leggevo, mediamente, un libro a settimana.
Ed era bello, entravo in mondi non miei, vedevo con occhi che avevano una struttura diversa del mio dna, osservavo da punti di vista diversi. Altro che cinema, netflix, prime o sky. Avevo tra le sinapsi il più spettacolare hd del mondo.
Poi non so cosa sia successo, ma i colori hanno cominciato a sbiadire e le immagini si son fatte sempre più lontane.

C’è stato un tempo in cui amavo un uomo, ed era bello ed era terribile nello stesso esatto momento, ma era così intensamente vivo.
Poi non so cosa sia successo, o forse lo so benissimo, ma so che non volevo più quel terribile nella mia vita, faceva troppo male. Ancora oggi non so se rinunciando al terribile abbia perso anche il bello o se il terribile si sia nutrito di tutto il bello e poi non avendo più nulla di cui cibarsi, si sia nutrito di se stesso fino a sparire.
A volte mi manca la me innamorata, perché divento luce quando lo sono, però a volte ringrazio di non esserlo, poiché è sempre capitato che abbia amato l’altro più di me stessa, e se t’innamori di qualcuno che ama troppo se stesso, sono (come si dice dalle mie parti) cazzi amari.

C’è stato un tempo in cui credevo.
Credevo che “il bene vince sempre sul male”, che “alla fine vissero felici e contenti”, che il mondo era simile a me (in effetti soffro di autostima in eccesso a volte), che il male nell’uomo sia poco, che tutti posseggano l’empatia (più o meno sviluppata), che i cuori sanguinano allo stesso modo, che legge sia sinonimo di giustizia e che tutti, in questa vita, cerchino di elevarsi alla luce.
Poi non so cosa sia successo, credo di essermi persa.

C’è stato un tempo in cui ero sicura che avrei cambiato il mondo.
Anni dopo ho ringraziato che il mondo non avesse cambiato me.
Poi non so cosa sia successo, ma so che il mondo mi ha incrinato.

MOMENTI


La sensazione è un po’ quella.
Di una vita che scivola, come sabbia nella clessidra.
Anzi come acqua, che la sabbia un po’ riesci a trattenerla, l’acqua no, segue il suo percorso. Ti lascia alle sue spalle, senza neppure tener la tua forma.

Si lo so, abbiamo ciò che vogliamo e in cui ardentemente crediamo, ma poi capita che ti chieda “Sì, ma io cosa voglio veramente?” E ti trovi alle prese con una domanda cui non sai dare risposta.

Sono consapevole che questa irrequietezza, questa confusione, questo anelare ad ali nuove, sono i sintomi di una trasformazione interiore, l’ennesima, che prepotente chiede anche un cambiamento esteriore.

Ho appreso, nel tempo, che quello che ti blocca son le paure legate all’ignoto, o al noto che t’incute timore. Programmi antichi di sopravvivenza.

Ne ho la certezza, è solo un momento, ma so anche che “momento” ha una grandezza a seconda il tempo con cui lo raffronti. Un tempo umano? Un tempo storico? Un tempo divino? Quindi ogni volta me lo domando. Quanto durerà, questa volta, questo “momento”?

ESTATE 2017 – FRAMMENTO 1


Vacanze a casa, ma tanto vivo in un posto in cui gli altri vengono in vacanza. Siedo in uno di quei tavoli all’aperto, in piazza, vicino al lago.
Io e Juni a far colazione.

Le vedo, anzi prima le sento. Tre ragazzine. Quell’età indefinita che va tra 15 e i 18. Due ragazzine capelli lunghi, sciolti sulle spalle. Una con il velo attorno al capo. Ridono e parlano di tutto. Una ragazzina, maglietta bianca, le maniche lunghe a coprire la pelle, le altre due sbracciate a mostrare l’abbronzatura. Fanno colazione insieme e parlano di vita e di speranze, le loro.

Le loro parole me le fanno sbirciare di sottocchio. Bellezza double face, belle dentro e fuori. Ah se l’umanità fosse racchiusa in questa immagine. Rispettose una dell’altra. Accettante una dell’altra. Tu fai come vuoi che io faccio come voglio portando rispetto per quello che sei. Se voglio cambio e prendo il meglio di quello che sei, se vuoi cambi e prendi il meglio di quello che sono. Se non vogliamo rimaniamo quello che siamo e sorseggiamo il mondo attraverso i nostri desideri.

Viviamo in tempi che la storia dirà di grande cambiamento, ed io spero che il cambiamento sia fatto da ragazzine che ridono e si raccontano la vita.

PS: no, non sono un “buonista”, di buono ho solo lo sconto della tessera fidaty.

PPS: però gli “haters” mi stanno poco simpatici.

PPPS: anche dover specificare i ps sopra, mi piace poco, ma son donna di rete (anche) e prevenire è meglio che curare.

EMAIL


Capita una mattina che ti ritrovi in una vecchia casella postale.  Vecchia, tipo guerre puniche, che non usi da anni e mentre fai pulizia, ti leggi a ritroso.

Ti ritrovi lì, diversa seppur uguale. Ti fai tenerezza, perché loro non lo sapevano, guardavano gli anni fuori e non dentro dove eri cucciola. Loro vedevano una donna “esperta” (o lo volevano vedere) ma tu eri come una adolescente ingenua e come tale amavi. Amavi come solo nell’adolescenza si può amare. Immaturamente a discapito di se stessi, ma con un’intensità che si rimpiangerà per tutti gli anni a venire.

Ti leggi nelle righe mandate alle amiche, agli amici, a vecchi blogger, a “spasimanti” che ci provavano senza speranza. Ti leggi in quel conoscersi attraverso le parole con le distanze di mezzo, quando non c’era whatsapp e facebook era un piccolo bimbo ai suoi primi vagiti.

Ti leggi. Quello è il passato, tu sei quella ma non sei più la stessa. Ora sei grande fuori e grande dentro, forse ancora un pò ingenua, e non sai se sia un bene. Non sai se sia un bene esser diventata grande dentro o esser rimasta ancora un pò ingenua.

Ti leggi e cancelli, ma prima qualcosa lo porti qua, in ordine sparso, a memoria di te, di un periodo in cui eri l’embrione di quello che sei oggi.

«Il mio primo capodanno da sola l’ho fatto a 15 anni per un bidone degli “amici” che non mi hanno neppure avvisato…. quello è stato brutto, non per averlo passato da sola, ma per la mancanza di rispetto verso me, anche se allora non riuscivo a mettere giù le parole giuste come ora, sapevo che era brutto quello che mi avevano fatto… ma non riuscivo a spiegarmi. Poi gli ultimi quattro anni li ho passati in mezzo alla gente… piangendo (senza farmi vedere chiaramente) grazie al caro (omissis). Non è lo stare in mezzo alle persone che ti fa sentire meno sola»

«I semi son fatti per essere piantati, e bisogna aspettare che trovino la forza e l’energia per bucare il terreno. E che tutti (io compresa) soffriamo della sindrome dell’impazienza. Hai mai fatto caso che più osservi se il tempo passa, meno passa? Anzi sembra che quasi si fermi e rallenti. Ci sono cose dentro di noi che funzionano allo stesso modo»

«Ma ho dovuto ancora una volta difendermi da lui, e ogni volta che accade io ne rimango svuotata senza energia. Non ha “pietà” vede solo lui e il suo, è incapace di non farmi del male, anche se non vorrebbe»

«Sono una donna che a vivere ci prova…. provo a combattere, non è detto che vinca, ma non è detto neppure che perda»

«Quando un uomo mi dice fidati, ho imparato a diffidare»

«Perché strano essere fedeli e sensuali? Sensualità non vuol dire troiaggine.
La sensualità è una cosa ben diversa, che fa parte di te come il colore dei capelli, e non devi per forza scopare ad ogni occasione piacevole che capita per esserlo. Sensuale è il fondersi del corpo con lo spirito, dell’anima con la carne. Per me c’è una grande differenza tra sensuale e sessuale»

Ti leggi, questa eri tu undici anni fa.
Mi leggo, questa sono io, le mie radici.

ZABETTA TIME


Sappiate che nonostante il mio primo giorno di palestra dopo due anni, stamattina riesco a camminare e anche a sorridere contemporaneamente, e posso assicurare con certezza che:

* le mattonelle arancione hare krishna delle docce della palestra, popoleranno i miei incubi per i prossimi mesi

* gli specchi in sala attrezzi sono il male! Oltre a vederti nella tua cicciosità ad ogni parete, ti vedi in continuazione sudaticcia e rossa (e non sto parlando dei capelli)

* i muscolati esibizionisti esistono in ogni palestra

* vi è un certo tipo di donna da palestra, che la fa truccata e con gli orecchini pendenti, e tu continui a domandarti “Ma come caxxo fa a non sudare e diventare un panda?”, perché tu appena chini la testa, grondi, che la cascata del Niagara ti fa un baffo

* si lo so, son zabetta, ma sulla cyclette mi annoio e mi guardo intorno

* i ciapett, ogni volta, si rendono conto da quanti muscoli son formati

* l’istruttore ti da i pesetti da un chilo “perché sai le prime volte…” (sottotitolo sei donna) e come sempre dopo è obbligato a dirti “Forse per te son troppo leggeri”

* il percorso è lungo, ma qua tutte noi (le mie personalità multiple e io), sappiamo essere tenaci

* consumerò meno corrente elettrica e acqua calda a casa

* quando esci dalla palestra, hai una fame boia, l’insalata con le uova sode è un piatto squisitissimo

* te lo dici “Ok Rossa, dai, il ghiaccio e rotto, hai iniziato, ripartendo dal/di nuovo”

Ecco, niente di che questo scritto. Un flash di vita, la mia, e la consapevolezza che per ritrovarsi, bisogna prima perdersi.
(Sì, ma io a sto giro mi compro un navigatore!)

ROBETTA


Questo mio mutar come se da questo dipendesse la capacità del mio respiro. Questo mio guardare a nuovi sentieri appena intravedo la fine di quello davanti.
Costanti della mia vita.

Quando mi son incagliata, arenata in momenti statici e fermi, anche volutamente, ci ha pensato la vita spintonandomi in malo modo per rimettermi nel flusso vitale.

Io così bisognosa di stabilità e sicurezze, son la prima dissidente di me stessa.

micio-e-me

Questo non vuol dire che non abbia punti fissi e dinamiche costanti. Ho i miei mattoni, esterni e interni. Io, sè, es, io superiore. Tutta questa robetta qua, quella che confondo sempre e che non capisco mai cosa intendano quando li separano. Io non riesco a separarli. Insieme fanno me, in questo momento, in questa vita, con queste scelte. L’anima poi li avvolge tutti, come uno scialle che tiene al caldo le spalle e il petto, perché in mezzo a tutto c’è il cuore. Il mio.

Solo, ogni tanto, questo bisogno corporeo di solitudine e silenzio, a staccare da un mondo che non sempre mi rappresenta.

ISOLE


Siamo isole.
Separate.
Ci lega l’acqua.
Illusione che lambisce le sponde.

FORMA


La città dove vivo ricomincia a starmi stretta.

Mi stanno strette le abitudini, il far e rifare le stesse cose.
L’aver organizzato, minuto per minuto, almeno venti ore delle mie ventiquattro.
La ripetitività, la mancanza di spazi, l’esaurirsi di possibilità e i discorsi sempre uguali.

Questo andare incontro alle giornate come un interminabile giorno della marmotta. Sette giorni su sette so l’orario in cui squilla la sveglia. Quando le persone mi raccontano che gli accade, già davanti agli occhi mi si dipana, come una gif inceppata, la dinamica successiva.

O forse è solo ancora questo perdermi nelle nuvole basse, confondermi con loro e disperdermi nel mio lato malinconico.

Lo sapete che ho un lato malinconico molto forte? Talmente forte che è per quello che rido e scherzo molto, cerco di nutrirlo con le risate, in modo che sazio e satollo, si addormenti e mi lasci vivere senza struggermi nel rimpianto delle grandi possibilità della mia vita osservate morire d’inedia.

E ora osservo ancora questa vita, la mia, che si accartoccia in queste tradizioni del nulla, consumate nel tempo, dispersa nell’inutile.

Ecco, ecco, la vedete la malinconia sveglia?! Come si attorciglia nelle parole che portano a niente? Si nutre delle catene da me stessa create, dalla costruzione delle situazioni rassicuranti che tendo a erigere, per poi ritrovarmi ingabbiata da sola.

La città dove vivo ricomincia a starmi stretta. E come ogni volta cercherò di farmi piccola per indossarla ancora, per “starci dentro”, almeno fino alla prossima volta che i bottoni scoppieranno.

Ogni volta che qualcosa mi va “stretto” è perché io sto cambiando “forma”.

illustration-by-nathan-martinez