TIREMM INNANZ


Ci sono andata da semplice cittadina. Avete presente quelle persone che possono sedersi, ascoltare quello che dicono, ma non aver diritto di dire nulla? Appunto direte voi “semplice cittadina”. Appunto dico io, da semplice cittadina sono andata ancora una volta al consiglio comunale di dove abito.

E ho la nausea. Di chi parla del bene della comunità, ma la comunità gli serve da trampolino di lancio per la propria crescita politica. Di chi di mestiere fa il politico, vive con lo stipendio da politico, se manca quello non ha lavoro e non ha lo stipendio. E si sa in questi tempi di crisi chi ha il lavoro se lo tiene stretto vero?

Torno a casa. Questa è la gente che programmerà il futuro di Progenie?
Questa gente cambia colore alla stessa velocità con cui io mi mangio una porzione di profitterol. Questa gente entra nei comuni nelle liste civiche sfruttando i non politici della lista che si danno da fare per il loro comune, blandendoli. Questa gente ha alle spalle un partito e un colore che fuori dalle comunali li porta alla scalata. La cupezza mi avvolge per trasformarsi in nausea dopo una notte di decantazione.

Ho la nausea e non so più se per loro o per chi li vota e li appoggia o di chi li contrasta con le stesse identiche armi. Chi ha più colpe? Chi sfrutta le situazioni o chi per pigrizia mentale demanda e si fa usare?
Del resto non c’è peggior cieco di chi non vuol vedere, non c’è maggior sostenitore di chi ha bisogno di rassicurazioni psicologiche. Chiudiamo gli occhi al baratro davanti, l’importante e non vederlo e aver ansietà. Mi viene in mente la favola del Pifferaio Magico. Sento che questa generazione è senza salvezza.

Mi domando se alla fine davvero abbiamo ciò che meritiamo?
Eppure io non credo di meritarmi quel tipo di politico. Arrogante, non guarda mai negli occhi le persone che rappresenta, ma guarda adorante il potere sopra di lui sperando di raggiungerlo. Noi siamo solo un male necessario, siamo solo una rogna fastidiosa ma invisibile.

Ho la nausea, per davvero in questo momento, talmente tanta da doverne scrivere per farla fuoriuscire in qualche modo.
Mi passerà, sospiro, alzo le spalle, dico “tiremm innanz”, andrò anche al prossimo consiglio, non potrò parlare, ma vi guarderò sappiatelo.

Tiremm innanz, che in questa mattina devo attraversare questa cupezza e questa nausea che mi avvolge.
Tiremm innanz, ma spero che mia figlia se ne vada da questo paese, in cui lei da sempre vive male, o che abbia la forza di cambiarlo senza che questo paese ferisca o cambi lei.
Tiremm innanz, chi si ferma è perduto.
Tiremm innanz che dell’utopia vorrei farne a meno, ma ancora oggi non riesco a togliermela da dentro.

GLI SCALINI DEL DOLORE E L’ASCENSORE ROTTO


Ci son cinque scalini per superare il dolore (così dicono gli esperti) e io che son pigra vorrei prendere l’ascensore per superarli, ma dalla regia, mi dicono che non si può. L’ascensore è rotto da millantanni. Insomma vanno fatti a piedi.

Questi scalini, una persona, nella vita li deve far più volte. Rassegnatevi, chi non li fa più volte è solo perchè è bloccato al quarto gradino di un dolore e non riesce a superarlo. Credetemi meglio farli più volte che rimanere bloccati su uno con gli altri dolori che premono dietro per essere risolti pure loro.
Lo so avete una curiosità (ma anche se non l’aveste, li scriverei lo stesso, il post è incentrato su questo!), quali sono questi cinque scalini? Orbene immantinente ve li sbatto qua sotto.

Negazione della realtà e isolamento Cerchiamo di difenderci dal dolore e diciamo in ordine sparso e casuale: “No no no”, “Non può essere”, “Forse ho capito male”, “Non è vero”, “Non è possibile”. Dura poco, la realtà ci precipita addosso e piombiamo in pieno nella….

Rabbia E’ quando siamo precipitati nella realtà o meglio lei ci è precipitata addosso, ma noi non siamo ancora pronti ad accoglierla. Cazzo tutta questa emozione, tutto questo dolore, tutto questa sofferenza che ci tartassa dentro “ma perchè!? perchè?!” ed esplode la rabbia. La rabbia è un’emozione potente, la più potente e la meno gestibile che io conosca, per questo la temo e invece di indirizzarla all’esterno la reindirizzo all’interno di me, chiaramente con effetti devastanti per la sottoscritta. Ma tantè che si arriva….

Auto recriminazioni Quando la rabbia si affievolisce, si comincia a pensare e dirsi cosa si sarebbe potuto fare per evitare quel dolore e cominciano i “SE”: “Se fossi stata più attenta”, “Se mi fossi ascoltata”, “Se fossi meno stupida”, “Se… se… se…. se….” .
Personalmente quando son in questo scalino ogni tanto riscivolo sul secondo poi risalgo sul terzo fintanto che stanca di questo su e giù mi ritrovo nel quarto ovvero…

Depressione In linea generale a questo scalino accade che l’umore è depresso, si hanno sentimenti di tristezza, inappetenza o voracità, crisi di pianto, agitazione e scarsa concentrazione e in qualche modo non riesci a lasciare andare ciò che ti ha portato qua.
Io questo scalino lo odio. E dove soggiorno di più. E dove faccio più danni a me stessa. Questa volta tra le altre cose son riuscita a nell’arco tre mesi a metter su oltre 15 chili di depressione in formato adipe. Se ci penso torno al punto due, ci metterò mesi e mesi e mesi a togliere la depressione nella sua forma fisica cicciosa. Fanculo! Ma finalmente dopo cè…

Accettazione La depressione scema, si tenta di tornare a una vita normale, si contano i danni fatti a se stessi (e a volte agli altri, io spero di non averne fatti), si progetta la riparazione e la ricostruzione di se stessi. Ora il tempo di questo ultimo scalino è variabile, ma non importa quanto, l’importante è arrivarci, perchè ci son persone che non riescono mai a raggiungerlo… e vivere nella depressione per sempre non lo auguro neppure a chi mi ci ha portato a me nella depressione.

Io attualmente sono con un piede nel quarto scalino e uno sul quinto. E’ il piede sul quinto gradino che mi fa scrivere questo post, di conseguenza non potrò neppure incazzarmi se qualcuno di voi mi dice che scrivo con i piedi.