Voi vi siete mai sentiti diversi?
Se sì, quando la prima volta?
Se sì, ve lo ricordate dentro cosa sentivate?
Io me la ricordo ancora la prima volta, non ricordo l’anno preciso, ricordo che ancora non ero andata a scuola. Sapete e come se all’improvviso tutto il mondo si allontanasse a velocità stratosferica verso l’universo, mentre tu, rimani improvvisamente solo sulla terra. Vivere, ma più spesso sopravvivere, a quel punto, dipende solo da te.
Voi vi sentite mai diversi oggi?
Se sì, con che frequenza vi accade?
Se sì, cosa avete imparato dalla vostra diversità?
A me accade ancora. E’ una costante più o meno frequente nella mia vita. Mi sono sentita diversa negli ambiti più disparati, nei momenti più imprevisti. Ho imparato a celare la mia diversità e ho imparato a dichiararla. Ho imparato che il mio esser diversa è legato alla mia anima, al suo sentire il mondo e percepirlo, e spesso quello che per “gli altri” è normale per me è una “lingua di dolore, tristezza, rassegnazione” che mi lecca il cuore.
Forse per questo, da sempre, da che io ricordi, ho un’affinità con i “diversi”. Riesco spesso a mettermi nei loro panni, e quando fai questa cosa, quando ti metti nei loro panni, la domanda che ti viene spontanea è: “Ma diverso da chi? Quale è il punto di riferimento che fa degli altri i diversi?”
Tutto questo preambolo è nato perché ieri ho visto un film giapponese (quando si tratta di Giappone qualcosa in me vibra a una frequenza diversa).
Karera ga honki de amu toki wa per noi occidentali Close-Knit parla di diversità. E lo fa con una delicatezza intensa. Non so come riescano i Giapponesi a parlare di ogni cosa, anche la più controversa, intingendola nella poesia.
La storia è semplice nella sua complessità. Una donna (Rinko interpretata in maniera magistrale e divina da Tōma Ikuta) in un corpo di uomo, sin da piccolə affronta questa diversità. Ha la fortuna di avere una madre che la comprende e ha la fortuna di incontrare un uomo (Makio interpretato da Kenta Kiritani) che la ama. Vive però in una società dove per sopravvivere, deve obbligarsi a non reagire con rabbia alle cattiverie più o meno celate degli altri.
Nella vita di Rinko e Makio arriva Tomo (interpretata Rinka Kakihara) una bambina, nipote di Makio. Da qui li sviluppa il film.
In questo film Tōma Ikuta da un’interpretazione al ruolo di Rinko stupenda, tra la determinazione di esser se stessa e la rassegnazione di una società che non ti vuole.
Ci sono momenti in cui davvero la vedi come donna, e altri in cui capisci il suo disagio, perché nonostante lo sia diventata a tutti gli effetti, alcune parti del suo corpo ricordano a lui, ma soprattutto agli altri, le sue origini maschili.
A Rinka Kakihara darei un premio, uno internazionale.
Mi domando come si possa esser così brave a recitare a quell’età. Deve esser vero che ci nasci con alcuni doni, lei sicuramente ha quello della recitazione.