GALLEGGIAMENTI


I pensieri e le parole sanno galleggiare sulla superficie del vino.
(Oh anche gli “stronzi” ma non posso dirlo)

Per saperlo, hai dovuto prima metter a dura prova il tuo fegato, perché l’amore è quello che realmente devasta, non il cuore.

Esci con gli amici e mentre vedi la vita scorrere intorno a te, sorseggi a volte vino a volte cocktail, sperando che prima o poi, uno dei due confonda i tuoi pensieri, ma soprattutto affoghi le tue emozioni.

Per scoprire che le emozioni sono esperte nuotatrici, sguazzano in te, quando non le senti e solo perché si sono tuffate in profondità in tutto quell’alcol, per riemergere più forti e tenaci di prima, divertite dai tuoi inutili tentativi.

Vi fu un tempo così, ora non più, un po’ perché l’alcool non lo reggi più, un po’ perché hai avuto pietà del tuo fegato, un po’ perché il tempo è galantuomo ed è l’unico antidoto alle emozioni.

Chissà, forse speravi di leggere i fondi del vino, come la chiromante legge i fondi del caffè, o ti auguravi di trovare nelle foglie di menta del mojito la tua nuova tasseomanzia.

Confidavi in un’indicazione del tuo futuro, di quando non avresti più sentito quel tormento dentro te, per poi scoprire (dopo anni) che quel tormento era essenza vitale del tuo vivere.

IL PUNTO DI CAMBIAMENTO


Sei ancora lì, tra i meandri oscuri di quella che è la mia mente, esci random in alcuni notti, quando chiacchiero con Morfeo e sono distratta.

Sei un’illusione cui, come fossi un novello dio, ho dato un corpo, sangue e sudore. Solo che alla fine il dio sei diventato tu. Chissà se hai mai saputo quanto potere avevi su di me.

Hai diviso il mio tempo su questa terra.
Il punto di cambiamento.
Prima di te. Dopo di te.

A volte penso a tutti questi anni passati come lo spreco di una vita perché nel “dopo di te” non ho più amato nessun uomo. Sono consapevole e nel farlo mi do della stupida, m’incolpo di aver creato un mostro invisibile che mi ha tenuto, mi tiene, ancorata a una prigione fatta di finestre aperte.

Capita, però, che a volte penso che questo “dopo di te” mi ha liberato dal dover amare convenzionale, mi ha cresciuto e ha portato la mia visione d’amore su altri piani.
Questa visione è un cellophane intorno al cuore che mi permette di amare senza paura del dolore. Mi ha permesso di amare, tra le altre cose, me stessa.

Poi però ho il dubbio, penso che questo cellophane sul cuore non mi abbia liberato, ha solo spostato la direzione dell’amore che ognuno di noi possiede e ritorno al punto di partenza, avrei potuto vivere meglio, amando di più, vivendo di più, e non l’ho fatto.
Lo spreco di una vita.

Non ho risposte certe. Non la mattina dopo, quando sei penetrato, attraverso il mondo di mezzo, da me. Come sempre aspetterò la sera, quando tutti questi pensieri saranno sciolti o forse si saranno solo ricongelati nei meandri oscuri della mia mente.

Tornerò ai miei drama, ai miei attori e idol, alle mie letture, alle chat con le amiche, alla pizza con gli amici, ai miei progetti, alla leggerezza di vita che ormai cerco.
Riderò e sorriderò, provando a vivere al massimo delle mie capacità, questa vita che mi rimane.

FRAMMENTI


Lascio parti di me sparse, in giro da te, per avere la scusa di tornare a riprendermi.

PLEXIGLAS


Ancora tutto quel potere.
Quando una foglia del tuo mondo cade nel mio, mi si contrae il cuore.

Forse dovrei toglierlo dalla scatola di plexiglas in cui l’ho riposto, dove, a tutti è possibile vederlo, a nessuno è possibile toccarlo, ma non so più dove ho riposto la chiave.

Si inizia per proteggersi dal male, dal dolore, e si finisce per escludersi dal mondo.
L’equilibrio è una fragile sostanza.


I VABBE’ E I PERCHE’


Vabbè, capita che ci siano canzoni che ancora mi emozionano. Non so dire se sia un bene o un male, probabilmente entrambe le cose contemporaneamente, a seconda da che punto di vista mi osservo.

Questa è una di loro. L’ho sentita passare in radio mentre andavo al lavoro.  La notte di Arisa mi riporta sempre al sentire percepire vivere impregnarsi delle parole che dice. Del resto a chi non è mai capitato?

Vabbè, eccomi allora a “quando arriva la notte, e resto sola con me, la testa parte e va in giro, in cerca dei suoi perché“. E così strano sentirsi trasportata come in un viaggio del tempo, in un istante lontano, sentire il dolore lancinante e soffuso simultaneamente, e nello stesso tempo osservarsi con gelido distacco.

Non so i vostri, ma i miei perché son sempre rimasti senza risposta, a volte sospetto che la domanda che contiene il perché nei pensieri, sia di base un interrogativo senza risposta. Sia ben chiaro, sono sopravvissuta senza risposte, anzi forse proprio perché non ho trovato risposte, ma le ho cercate, ho trovato parti di me che formano la persona (Meravigliosa. Sì, lo ammetto, modesta è il mio secondo nome) che sono oggi.

(Photo by Kunito Imai)

Della serie bisogna perdersi per trovarsi.

Del resto la mia vita è piena di perché inevasi e di vabbè.
Oserei dire che i perché inevasi mi hanno portato ai vabbè presenti.

Mi rileggo, sorrido, credo che un anno d’isolamento da lockdown a singhiozzo stia ormai producendo in me effetti inaspettati.

AVREI VOLUTO


Avrei voluto essere meno ingenua, quando giovane, il candore di cui ero intrisa non mi faceva vedere che spesso l’umanità sceglie la bruttura, alla bellezza, del mondo.
Avrei voluto esser più ingenua, quando la vita dopo avermi fatto crescere, mi tolse la possibilità di vedere colori di cui era intrisa. Mi mancava vedere con speranza e bellezza il mondo.

Avrei voluto essere più bella, quando mi sentivo il brutto anatroccolo, sempre, e mi sembrava di esser l’ultima della fila in ogni occasione.
Avrei voluto essere meno bella, quando sentivo di esser cercata per la mia fisicità, e non per quello che ero davvero.

Avrei voluto esser più intelligente, quando davanti ai quaderni mi sembrava che Dio, per un mero errore, avesse dimenticato di immetterla nel corpo.
Avrei voluto esser meno intelligente, quando scoprì che aveva ragione Schopenhauer: “Più intelligenza avrai, più soffrirai”.

Avrei voluto esser single, quando l’amore mi spezzava le ossa sentivo la lama in una profonda ferita intercostale, alle destra delle spalle.
Avrei voluto esser in coppia, quando la mia libertà anelava a condividersi con un’anima.

Ed è per questo, per tutti questi avrei voluto, che oggi, spesso, non so cosa voglio davvero, e viaggio senza meta.

IO MENTO?


Io mento?

Capita, è capitato, credo che capiterà ancora. Il problema è che poi mi faccio così tante seghe mentali per aver mentito, che alla fine è raro che lo faccia, e deve essere indispensabile per la mia sopravvivenza (in ogni settore).

Per questo tendo a essere sincera, non perché son brava, ma perché ho un censore interiore che mi fracassa le ovaie e mi sfinisce, se non lo sono.

Aggiungo che per me le bugie, le mezze verità e le omissioni di verità sono una cosa sola.

Le bugie più infide, sono quelle che ci diciamo da soli, quando ci “condiamo via” e non vogliamo vedere e capire. Alla fine non puoi neppure prenderla con gli altri per le cazzate che hai fatto e che fai mentendoti.

Preferisco la verità, consapevole che la verità ha molte sfaccettature, e io non detengo la verità assoluta, non ho neppure la capacità di visione (almeno in questa vita) per vederla nella sua interezza.

Preferisco la verità, anche se a volte mi ha ferito e ha ferito.

Preferisco la verità perché già di nostro sbagliamo e incespichiamo molto nella vita, se poi ci danno (o ci diamo) informazioni errate, sai che combo in caduta libera nelle complicazioni, confusioni e gomitoli di vita annodati?

La natura poi, mi ha dotato un sensore di bugie altrui le annuso e le riconosco (molte, non tutte, e non quando sono coinvolta emotivamente, lì invece sono un disastro), anche quelle che le persone dicono a se stesse.

Questo sensore mi ha salvato la vita molte volte.
Di solito non avviso mai “il mentitore consapevole” che ha perso la sua copertura, faccio finta di niente e mi metto solo in salvo.
Sarà una rogna sua i problemi che si attira.

Diverso è se, “il mentitore consapevole” mente a una persona che amo. Lì, mi parte lo scorpione in mercurio abbinato allo scorpione in marte che il mio tema natale mi ha regalato.

Con “il mentitore inconsapevole” quello che non sa di mentirsi, è diverso, vorrei poter fargli vedere quello che vedo io, ma porto rispetto per il suo tempo di accettazione delle cose, e quindi al massimo esprimo due tre input “teneri” sull’argomento.

Ognuno ha i suoi tempi. Anche io ho avuto i miei.

Nessuno nasce maestro, ci si diventa, e non sempre.

Nasciamo tutti bambini sinceri.
Cresciamo e impariamo a mentire.
L’evoluzione è diventare adulti sinceri.

PASSATO PRESENTE FUTURO


Difficilmente penso al passato. Non che negli anni che ho alle spalle non mi sia capitato, anzi, nel passato (scusate il gioco di parole) pensavo più al passato che al presente.

Oggi mi capita raramente, è più facile che pensi al futuro.

Il problema è sempre lì, mai essere nel qui e ora, nel momento presente, e viverlo, assaporando secondo per secondo.

Passiamo la vita nei ricordi del passato o nelle speranza del futuro.
Nei “se fosse stato” e nei “sarà così” e nel farlo smettiamo di viver la vita.

STORDITA


Non so come, non quando e non so perché.

Mi sono stordita nel vivere.
Radicata su questo mondo.

Sono cambiata, ma non mi manco più.
Sono nuova, ma ancora non mi conosco.

Non ho più specchi in cui riflettermi.
Vado a tentoni in questa novella realtà.

Oscillo tra il candore e la scaltrezza.
Ossimoro di carne dal primo vagito.

Nel caos del mio non vivere, attendo un segnale da me stessa.

DIRE, FARE, BACIARE, LETTERA, TESTAMENTO


DIRE: Aver tanto da dire, scrivere, e così poco tempo per farlo.
Vorrei tanto poter scrivere più a lungo e di più sul blog, ma rimando sempre, per l’endemica mancanza di tempo, e quando mi ci avvicino, lo faccio a spot e per brevi scritti, come questo.
Dire con la voce ha un risvolto diverso. A volte vorrei farlo, ma mi ritrovo invece in silenzio, muta ad ascoltare. Mi domando sempre più spesso se abbia senso che lo faccia, se la persona davanti a me comprenderà, o se sto sbagliando io a parlare. Viviamo in un’epoca piena di parole e social e ci comprendiamo sempre meno. O forse, semplicemente, è solo che negli anni invecch… ops, errata corrige, divento orsa saggia.

FARE: Faccio tanto anche se penso di far sempre poco. Ma credo dipenda dal carattere. Mi sembra sempre di non fare abbastanza, e quindi di non essere, mai abbastanza.
Oltre al lavoro full time e alla mia grande family interraziale, inserisco anche la scuola di nutrizione olistica, il corso di terapia vibrazionale, il corso di tedesco e qualche corso qua e la random. Mi incasino la vita insomma, anche se lo faccio con (quasi tutte) cose che mi piacciono.

BACIARE: E’ passato così tanto tempo dall’ultima volta. L’ultima volta che ho baciato è stato anni fa, e l’ho fatto una sera estiva di luglio, con un moijto (il terzo) in mano e a fianco un “non più” amore.
Sì, ne sono consapevole, è uno spreco, anni senza baci è un pò come vivere a regime ridotto. Ma i baci son un atto molto profondo, permetto ai tuoi oltre 700 batteri (tra buoni e cattivi) di entrare in contatto con i miei 700 (buoni e cattivi), scambiandoceli. Permetto a qualcosa di non mio di diventare mio, e ti do qualcosa di mio facendolo diventare tuo.
Non vi sembra poetico scritto così? Solo perché non vedete la metafora di accettazione “nel bene e nel male”.

LETTERA: Questo scritto lo posso considerare lettera? Io direi di si, come tutto il blog. Lettere che scrivo a me stessa, ma che spedisco in giro ad cazzum. Qualcuno legge, qualcuno si ritrova, qualcuno legge qualcosa che non ho scritto. Tutto ciò è bellissimo e, quindi, per effetto traslativo io scrivo lettere bellissime (modesta è il mio secondo nome).

TESTAMENTO: Non ci penso. Solo e semplicemente perché credo che il testamento sia la nostra vita. Agli altri lasceremo il ricordo di quello che abbiamo vissuto.