Scelgo la musica da mettere nel breve tragitto casa lavoro, leggo Key, clicco, parte Hate That.
I primi sei secondi sono destinati a pensare “Oggi la posto, bellissima, e poi chi non ha avuto un amore che ha “odiato”?“. Il resto del tempo è stato riempito da quel nodo in gola e da un’anomala leggera idratazione agli occhi.
Io l’ho avuto un amore che si “odia”, consapevole che l’odio è solo la parte ombra dell’amore. Io l’ho avuto un amore che si “odia” e ne sono sopravvissuta. Ne scrivo periodicamente quando sono distratta o quando vivo nel mondo di Morfeo, “qualcosa” subdolamente risale e mi stende.
Sopravvivi a un amore che si “odia”, e smetti di parlarne anche alle persone più care dopo un po’, perché lo senti il loro pensiero di sottofondo: “Hai scelto tu di andartene, perché ci pensi? Ancora a parlarne. Vai oltre.”, e hanno ragione.
Come fai a giustificare che hai lasciato ma eri ancora innamorata persa? Come fai a far comprendere che è stato solo l’istinto di sopravvivenza? Per un attimo è riuscito a prendere il sopravvento, ti ha fatto scappare via, ma una parte di te è rimasta sempre là. Come fai a spiegare che quell’amore ti ha reso quella che sei oggi, nel bene certo, ma anche nel male, e il male è questa torre di vetro dove vivi da sola, e a nulla solo valsi i tuoi tentativi di fuga da essa.
Questo aspetto di te, questo tua capacità di vedere i potenziali degli uomini, ma non riuscire a scindere tra potenziale e realtà, (perché un potenziale non indica la piena e completa realizzazione, ma solo la possibilità che accada) è stata una rovina.
Posterai la canzone, guarderai cose allegre, farai la buffona e dirai cose stupide, e quel “qualcosa” tornerà in profondità. Nel frattempo tu continuerai a cercare di evadere da quella torre di vetro.
Un tempo lontano, ma non troppo, viaggiando in treno e guardando sfumare davanti ai miei occhi il paesaggio, pensai che: “I “viaggi” difficilmente hanno contorni definiti, perché il limite del dettaglio, scioglie le sfumature della vita. Le certezze non appartengono a questo mondo.”
Continuo a viaggiare nella vita così, con i limiti del dettaglio sfumati, navigando a vista tra l’incertezza e il sogno.
Incuto timore molte volte, forse troppe, ma solo a chi non vede le mie sfumature, a chi non scorge, dietro quella mia ruga sulla fronte, un’adolescente mai cresciuta, che ha perso per strada l’incoscienza di innamorarsi ancora.
Leggo e scorro le pagine, penso infastidita della protagonista “Non si può essere così ingenua, sacrificare se stessa per lui”. Poi, un pensiero veloce, mi blocca. Ho appreso che quando una cosa ti crea un forte disagio o un’antipatia, semplicemente stai vedendo una parte di te che non accetti, riflessa, nell’altro. Noi vediamo solo ciò che conosciamo e conosciamo solo quello che, in qualche modo, fa parte di noi.
Perché in fondo io lo so, ho nascosto di me, nel posto più profondo e oscuro quella me sognante e disposta a tutto per amore. Quella parte è una delle mille me.
Dovremmo far tesoro quando scopriamo una persona, un atteggiamento o, come in questo caso, o un personaggio che ci infastidisce. Ringraziarlo per avere portato alla luce una parte di noi che rifiutiamo o non accettiamo. Quindi io devo ringraziare questo romanzo, e nel farlo, dopo, ho amato e compreso Bee.
Bee mi ha rammentato quanto io sia stata capace di rinunciare a me stessa, e per questo esser quasi “evaporata”, era quello che mi dava fastidio di lei, portava in superficie quella me che ho relegato nel posto più profondo e oscuro. Bee mi ha fatto capire che vive ancora e potrebbe farlo nuovamente, se lasciata libera. E questo, contemporaneamente, mi rallegra e mi spaventa.
Bee mi ha ricordato che ho amato così in questa vita, come lei ha ama Lee Hyun-min. Ho amato un uomo così tanto da sospettare che questo amore venisse da vite precedenti e aver timore che si estenderà in quelle future.
Chi è Bee? E’ la protagonista femminile di un music romance che ho letto, Perhaps Love, in cui entrano in gioco due emisferi, quello occidentale e quello orientale, dove si incontrano l’amore e la passione, sia quella per la musica che quella che avvolge il cuore e i corpi.
drawing by Eli – IG Bathory_85
Perhaps love è il primo libro di BluBird, ed è il primo volume della Sky Serie. E’ un romanzo autoconclusivo, non si rimane in fremente attesa del finale, cosa che io amo, detesto aspettare. Nei successivi quattro volumi si scopriranno man mano gli altri personaggi conosciuti nel primo volume. Io son curiosa, avendo già cominciato ad amarli in questo.
L’ho letto in brevissimo tempo, nonostante in questo periodo non abbia avuto molto spazio per la lettura. Parla della Corea, del dietro le quinte di una kpop, parla di una parte di me, ma credo di molte, che nonostante tutto credono nell’amore.
E’ la storia di due ragazzi, di una notte e di un incontro casuale. Lei inglese, con dna per metà italiano e una vita non proprio semplice che l’ha resa “una tipa tosta”. Lui coreano, idol, membro di una famosa band kpop in trasferta nel Regno Unito, che fugge per qualche ora. Scatta qualcosa, in quella notte, dove si incrociano per un attimo, non sapendo nulla uno dell’altro. Ma il destino non regala loro tempo.
La storia prosegue e si trasferisce in Corea mesi dopo. Qui si intrecciano i destini dei due ragazzi, l’amore e la passione scoppia, ma la possibilità di viverli è costellata da impedimenti esterni che mettono a dura prova. Del resto come scrisse Gibran: “Come covoni di grano vi raccoglie in sé. Vi batte finché non sarete spogli. Vi setaccia per liberarvi dai gusci. Vi macina per farvi neve. Vi lavora come pasta fin quando non siate cedevoli. E vi affida alla sua sacra fiamma perché siate il pane sacro della mensa di Dio. Tutto questo compie in voi l’amore, affinché possiate conoscere i segreti del vostro cuore e in questa conoscenza farvi frammento del cuore della vita.”
A chi consiglio questo libro? A chi ama il genere, a chi vuole una lettura che scorra veloce e piacevole, a chi vuole che l’estate sia un pò più calda anche nella lettura, e a chi vuole leggere un libro leggero ma appassionato, a chi vuole farsi trasportare in una favola moderna.
Se poi volete ascoltare la musica di questo music romance, quelle che scorrono in sottofondo alle parole scritte, potete farlo qui, cliccando qua sotto sul nome:
SCHEDA DEL LIBRO Titolo: PERHAPS LOVE Autore: Bluebird Data di pubblicazione: 30 dicembre 2020 Editore: Self publishing Genere: Music romance Perhaps love è un romanzo autoconclusivo ed è il primo volume, di cinque, della Sky Series.
Disponibile su Amazon in versione digitale e cartacea. Digitale: 353 pagine, 1,99 Euro – Link Amazon: https://www.amazon.it/dp/B08RJ37ZX7 Cartaceo Flessibile: 351 pagine, 8,96 Euro Cartaceo Rigido: 375 pagine, 15,60 Euro E’ incluso nell’abbonamento Kindle Unlimited
Quelli che ho conosciuto e che mi hanno fatto conoscere il “buono” che c’era in loro e a quelli che mi hanno inflitto qualcosa di “cattivo”. Mi avete aiutato a crescere e a comprendere quello che non volevo essere.
Quelli che mi hanno amata e che io non ho amato, non come avrebbero voluto loro. Attraverso voi ho acquisito la capacità di accettare il rifiuto.
Quelli che ho amato e che mi hanno forgiato attraverso il dolore, anche grazie a loro, sono la persona che sono oggi.
Quelli che mi hanno compresa nell’anima e fatta sentire, per un attimo, meno sola in questo mondo. Voi avete riempito il mio cielo.
Quelli che mi hanno chiamata puttana, perché nel loro ferirmi mi hanno resa libera dal giudizio altrui.
Quelli che mi sono amici, quelli veri, che mi hanno fatto conoscere la bellezza, la profondità e la delicatezza del lato maschile.
Quelli che mi hanno resa così insicura, da determinarmi a trovarmi e con me, la mia sicurezza.
Quelli che non sanno neppure loro che vogliono da me, e spesso dalla vita, perché mi hanno dato la capacità di decisione.
Quelli che ho ferito, a volte per codardia a volte senza rendermene conto, perché mi hanno insegnato che a volte che è un attimo passare da vittima a carnefice.
Quelli che “Ci sono per te” e poi non ci sono mai. Mi hanno insegnato il valore di chi invece c’è.
A Voi regalo le parole di questa canzone che amo. Stamattina passava per radio e mi ha fatto venire in mente tutti voi.
Grazie. Sia che siate stati carezze o siate stati lame nella mia vita, mi avete dato il massimo di cui eravate capaci in quel momento.
La dedico anche a me, alla mia parte maschile. Oggi, scrivendo queste poche righe insieme alla mia parte femminile, mi ha fatto amare tutti voi, e così facendo, mi ha liberato.
Avrei voluto essere meno ingenua, quando giovane, il candore di cui ero intrisa non mi faceva vedere che spesso l’umanità sceglie la bruttura, alla bellezza, del mondo. Avrei voluto esser più ingenua, quando la vita dopo avermi fatto crescere, mi tolse la possibilità di vedere colori di cui era intrisa. Mi mancava vedere con speranza e bellezza il mondo.
Avrei voluto essere più bella, quando mi sentivo il brutto anatroccolo, sempre, e mi sembrava di esser l’ultima della fila in ogni occasione. Avrei voluto essere meno bella, quando sentivo di esser cercata per la mia fisicità, e non per quello che ero davvero.
Avrei voluto esser più intelligente, quando davanti ai quaderni mi sembrava che Dio, per un mero errore, avesse dimenticato di immetterla nel corpo. Avrei voluto esser meno intelligente, quando scoprì che aveva ragione Schopenhauer: “Più intelligenza avrai, più soffrirai”.
Avrei voluto esser single, quando l’amore mi spezzava le ossa sentivo la lama in una profonda ferita intercostale, alle destra delle spalle. Avrei voluto esser in coppia, quando la mia libertà anelava a condividersi con un’anima.
Ed è per questo, per tutti questi avrei voluto, che oggi, spesso, non so cosa voglio davvero, e viaggio senza meta.
Ho appurato, negli anni, che il perdono non serve a chi è stato fallace e quindi lo cerca (non sempre), ma serve a chi ha subito il fallo (e non nel senso erotico del termine). Non subito, ma io perdono. A volte ci metto anni, a volte ore.
Perdono anche chi il perdono non me lo ha chiesto. Perdonare serve a me per andare oltre, per lasciarmi alle spalle l’accaduto, per creare nuovo spazio altrimenti occupato da rancore, rabbia, impotenza e acredine. Tutte emozioni che distruggono chi le prova.
Perdono è vero, ma non confondete il “mio perdono” con un “come se non fosse successo”.
Perdono per egoismo, e quindi sì, io vado oltre, non ci penso più, ma tu “fallace” che mi hai ferito volontariamente, non vieni con me nell’oltre.
Parlo di “volontariamente” perché a volte c’è un “involontariamente”, ma qui il discorso diventa troppo ampio. Con l’involontario sono più comprensiva, del resto riconosco la nostra umanità e l’errore fa parte del nostro vivere in questo mondo.
Perdono, anche se a volte il mio marte in scorpione vorrebbe vedere il sangue (copioso) e la sofferenza (atroce) condita da ampie spruzzate di vendetta (servita sia calda che fredda) di chi lo ha risvegliato.
Quando perdono, vado avanti, mi lascio il passato alle spalle e faccio mia una frase dettami anni fa: “Tieni l’insegnamento, abbandona il dolore”.
La vita è mutamento, il mutamento è movimento, il movimento sposta continuamente il punto di equilibrio.
L’equilibrio è la corda del funambolo dove, noi umani passeggiamo, cercando di non cadere nella follia.
Siamo tutti funamboli che attraversano questa vita con la paura di cadere e la voglia di spiccare il volo.
Dipende.
Dipende sempre da che parte stai osservando.
Quando avevo dieci anni guardavo i trentenni, mi sembravano dei vecchi con un piede nella fossa. Ora mi sembrano dei ragazzini.
Sorridevo quando mi si parlava di gelosia, non che non l’avessi mai provata, ma così blanda e diluita, da neppure considerarla come emozione. Poi, a un certo punto della mia vita, mi ha trafitta così fortemente, da scoprire che era: Un cane rabbioso che ti strappa il cuore a morsi. Una lama sottile e affilata che ti trafigge il cuore. Aria bollente che ti entra nei polmoni. La paura di sentire il dolore perché sai che nulla lo fermerà.
Mi son detta molte volte “questa cosa non la farò mai” per scoprire che di solito era tra le prime cose che facevo.
L’equilibrio è un punto instabile, dove da sempre cerco di stare in piedi senza cadere (a volte senza riuscirci), vacillando.
Credere di essere tutta mente e raziocinio, ma osservarmi a ritroso nel tempo e vedermi per quello che ero, tutta pancia ed emozioni.
Ho pensato che l’amore fosse la cosa più bella del mondo, poi mi son ritrovata a pensare che fosse solo un costrutto creato dalla natura per farci riprodurre. Oggi non so. Ma sia che sia uno, o che sia l’altro, è rimasto il carburante della mia vita.
Settimana con Progenie giunta con Pecetta da Berlino in vacanza. Vacanza enogastronomicagodereccia per loro ma anche per me, che qui ci abito.
Progenie vive (felicemente) lontana, quel poco tempo che si vive insieme, lo si vive bene. Un bene che avvolge e che fa reciprocamente amare anche i difetti dell’altra (almeno per una settimana).
Non so cosa mi aspettassi da una figlia quando è nata, ma so che oggi non saprei desiderare nulla di diverso da quello che è Lei.
Vorrei solo che avesse un censore interiore meno esigente (anche se nel tempo lo ha addomesticato). Sospetto di averglielo passato io, insieme al dna, quindi so che lo stesso censore interiore così esigente, è lo stesso che, in qualche modo, ci sostiene nei momenti difficili e con poche certezze.
La speranza è una, che lei capisca, se non lo ha già fatto, che ogni tanto quel censore interiore, va mandato in vacanza. Una vacanza in un bel luogo, dove possa riposare, smaltire lo stress e la tensione, così da essere più dolce con noi.
A fine giugno ho ripreso ad andare in palestra dopo anni (a dir la verità c’ero andata a febbraio, un giorno solo, esattamente il giorno prima che chiudessero tutto per il lockdown…). Per riuscire ad incastrare lavoro, impegni, studio e palestra, mi alzo alle 4.30 del mattino per esser lì alle 5.30.
Se mi aveste detto qualche anno fa che mi sarei alzata a quell’ora per andare in palestra, vi avrei detto che eravate più che folli o che vi stavate drogando pesantemente.
E’ stata la riprova che il tempo ci cambia(a volte in meglio e volte in peggio) e ora, non solo ci vado, ma mi piace quando la palestra è quasi vuota e attraverso la città silente. Ad agosto, in ferie, ho continuato a farlo ma in orari più umani verso le 8.30. Orario sicuramente più affollato di persone, e anche se io son concentrata su me e sul contare mentre faccio gli esercizi, capita che venga distratta dai discorsi altrui. Chiacchiericcio di sottofondo (per alcuni la palestra è principalmente luogo di socialità e aggregazione e marginalmente luogo di attività fisica), a volte interessante a volte mi fa comprendere come mai spesso ho difficoltà con il genere umano. Ma poi riprendo a contare, pensando che io stessa faccio parte di quel genere umano che a volte non amo.
Sono caduta pesantemente e senza possibilità di fuga, neik-drama su Netflix. Io non amo i film sentimentali, io detesto i romanzi rosa, io che alle telenovele sudamericane alzavo gli occhi al cielo e facevo il verso del vomito (o dell’iniezione di insulina), per la giustizia del dio che ride, proprio io son caduta nei drama coreani. Vi sto dicendo che sto seguendo delle serie televisive in coreano con i sottotitoli in italiano, per capirci quanto son precipitata (ho pure già imparato due parole coreane), grazie al Dio che ride.
Me lo son domandato: “Ma come è possibile? Che mi accade? Perché loro?”. Non ho risposte certe, ma ne ho molte aperte, soggette a modifica: Perché in fondo quella è sempre stata la mia assurda visione dell’amore (e da qui si evince a cosa son andata incontro realmente nella vita). Perché in un mondo così diverso da me, loro mi fanno sognare. Perché sono cambiata e ho riaperto (piano e con cautela) le prime saracinesche a protezione del cuore. Perché guardandole ho fatto pensieri, pensieri che me ne hanno fatto intravedere un’altro: “Non tutto nella mia vita deve aver uno scopo e un fine, sarebbe anche ora che mi permetta di far le cose solo per divertimento e/o piacere”. Perché ora mi permetto di far vedere che credo in un amore che alcuni mi dicono non esiste nella realtà umana (così dicono loro, o forse loro si accontentano, non so ancora qui dove stia il vero). Perché… non so… ditemi voi.
Ne ho parlato nel titolo mi son innamorata, è accaduto, un attimo ed è stato amore, un colpo di fulmine, una cosa improvvisa, ogni volta che lo vedo sorrido e mi si allarga il muscolo cardiaco, sospiro manco fossi un mantice.
Ogni volta che passava sullo schermo, immediatamente la mia voce proferiva: “Dio che pheego che sei” e sospiravo. Subito dopo dovevo tornare indietro con il telecomando perché mi perdevo nel guardarlo e non leggevo i sottotitoli in italiano.
Quei bastardi del K-drama lo sapevano, infatti ad un certo punto del drama viene fuori che lui è “D.D.D.” Dono di Dio (alle donne).
PS: Lui ❤ è Hyun Bin ed è il mio fidanzato, anche se lui non lo sa.